La Comunicazione del Terzo Settore La Comunicazione del Terzo Settore

Si comunica anche quando si tace. Basta pensare infatti a quel passeggero che nello scompartimento di un treno spalanca il giornale e si immerge nella lettura: dice semplicemente ai suoi compagni di viaggio che non vuol conversare con loro; e questo è pur sempre un messaggio sebbene un pò diverso, ad esempio, dal resoconto dettagliato del suo ultimo viaggio esotico che ci propina l'occasionale vicino di tavola incontrato per caso alla festa dell'amico. E dice qualcosa anche l'ascoltatore che annuisce, spalanca gli occhi, ammicca, fa le boccucce, corruga la fronte, magari senza proferire parola. In definitiva quindi si comunica sempre, si dice cioè qualcosa anche quando si pensa di non farlo.

Non si sottrae naturalmente a queste considerazioni il terzo settore, il quale è in costante comunicazione con l'ambiente socio-economico che lo circonda.

E' necessario perciò che tale comunicazione sia funzionale al nuovo ruolo che quest'area volontaristico-assistenziale è chiamata a svolgere, area che cresce a ritmi sostenuti poiché va ad occupare spazi prima riservati all'iniziativa pubblica ed ora gradualmente abbandonati a causa della crisi del welfare state, almeno quale lo si intendeva solo pochi anni addietro.

Una comunicazione indirizzata agli altri, empatica, ove conta poco o nulla ciò che pensa di sé l'emittente, ma assume significato solo ciò che il destinatario riesce a percepire.

Il tempo è allora maturo affinché il terzo settore ripensi modalità e contenuti della sua "comunicazione".

E' fuor di dubbio che l'atto costitutivo, lo statuto, le assemblee, il bilancio, le citazioni della stampa, sono già essi stessi "comunicazione". Tuttavia ciò avviene quasi esclusivamente come mero adempimento formale-burocratico, piuttosto che come messaggio destinato all'ambiente ove opera la singola organizzazione. E questo accade perché la gran parte del settore non profit, è solito  improntare la propria attività ad una qualche forma di pudore, magari proprio per sottolinearne il carattere altruistico.

Invece è opportuno fare qualcosa di più, non certo a fini esibizionistici, ma nell'intento di ricercare un idoneo spazio ambientale, un riconoscimento pubblico più consapevole, che affermi ed enfatizzi senza indecisioni il ruolo sociale delle singole organizzazioni.

Serve soprattutto dare organicità alla comunicazione, magari partendo proprio da quelle operazioni di base che abbiamo accennato sopra, cogliendone il potenziale espressivo al fine di rendere sempre più esplicita l'attività svolta, anche perché si fanno sempre più pressanti le esigenze di finanziamento del terzo settore, sollecitato da un lato ad accollarsi nuove funzioni  e condizionato dall'altro da ambasce finanziarie.

Il passo fondamentale per avviare questo processo è quello di definire accuratamente la propria "missione". Nell'ambito del settore non profit, questa è di solito un'operazione molto semplice, essa è definita nello statuto e nell'atto costitutivo: assistenza a favore.sostegno alla ricerca per..ricreazione di..favorire ed incrementare l'istruzione di.svolgere attività di utilità sociale a favore..ecc.

E' una cosa che, a prima vista, potrebbe apparire banale, ma in realtà molto importante perché la missione va interiorizzata e vissuta in profondità dovendo essa costituire in sostanza la matrice di ogni operazione di comunicazione.

La coerenza dei messaggi è poi il secondo aspetto su cui lavorare. Non è affatto scontato riuscire ad esprimere la propria comunicazione con coerenza. Talvolta, dopo che si è intrapresa la strada del "comunicare", mutuando magari dalla pubblicità di mediocre livello, si pensa erroneamente che il gioco consista solo nella quantità di messaggi che si riesce a veicolare, per cui "che si parli di noi come e quanto si vuole, basta che se ne parli".

Purtroppo non è così. La coerenza tra ciò che si dice, come lo si dice, chi lo dice, ma anche ciò che siamo e ciò che ci proponiamo di diventare, è un'operazione sottile che coinvolge la credibilità immediata e futura dell'organizzazione. I messaggi, non solo quelli verbali, ma anche quelli visivi e cenestesici, arrivano ai destinatari, si sedimentano nel loro vissuto più o meno consapevolmente e vanno a formare l'immagine che il pubblico si fa dell'emittente..

E' famosa l'incoerenza di Nixon in contesa con Kennedy nei primi anni sessanta per la presidenza degli S.U. quando, durante un confronto televisivo con l'avversario, affermava a voce una cosa scuotendo negativamente la testa. La cosa non sfuggi' ai telespettatori che si espressero in grande maggioranza a favore di Kennedy, al contrario dei radio-ascoltatori ai quali ovviamente quell'incoerenza espressiva di Nixon era sfuggita..

Ma anche ricorrendo alla vita di tutti i giorni: cosa dire quando ci presentano il signor Corti che è altissimo o il signor Belli che non è un Adone? O come quel testimone che declinando le proprie generalità al Presidente del Tribunale, disse di chiamarsi Falso, aggiungendo che di mestiere vendeva quadri d'autore.

L'ilarità che suscitano queste situazioni la dice lunga a proposito della coerenza nei messaggi. Talvolta però non si tratta di una reazione esplicita, essendo sovente percepita solo a livello subliminale. E' caso di scuola quello della compagnia aerea americana il cui presidente raccomandava una accuratissima pulizia dei tavolini estraibili perché, a suo giudizio, eventuali macchie di caffè avrebbero indotto i passeggeri a dubitare dell'efficienza della manutenzione dell'aereo.

Riepilogando quindi : definizione della missione e coerenza profonda della comunicazione anche per il terzo settore. A cominciare dal bilancio. Esso è, nelle sue componenti, un potente strumento di comunicazione. Veicolato a mezzo stampa o illustrato nelle varie sedi, esso deve esprimere il concreto output dell'organizzazione, le sue realizzazioni, la sua capacità di dare contenuto alla missione che si è scelta.

Questa attendibilità dell'azienda non profit, questa sua "credibilità", debbono essere sapientemente veicolate attraverso la stampa, con cui il terzo settore deve intrattenere un dialogo costruttivo, talchè quello che viene eroicamente realizzato, come pure i vari episodi salienti che costellano la vita dell'organismo, siano anche conosciuti da una vasta platea che solo i media possono procurare. Non si tratta di frivola ostentazione, i singoli aderenti possono infatti continuare a dare in silenzio il loro prezioso contributo, ma l'ente non profit non può farsi carico, come abbiamo detto, di nuove ed impegnative incombenze abbandonate per strada dalla nuova versione del welfare, senza che l'ambiente, la società ove concretamente quell'ente opera, conosca a fondo le sue performance.. Non a caso molte organizzazioni di volontariato hanno avviato vere e proprie campagne pubblicitarie allo scopo di moltiplicare la propria visibilità presso il vasto pubblico.

E' naturale quindi che una missione limpida, una comunicazione coerente, una visibilità diffusa, costituiscono tutte assieme, un "valore" per le organizzazioni che sanno gestire bene la propria immagine.

Valore che finisce per attrarre la domanda da parte di quel più sofisticato mezzo di marketing che è la sponsorizzazione.

Si tratta di un terreno piuttosto impegnativo ma anche fecondo di opportunità, capace di conferire consistenza e stabilità alla raccolta fondi del non profit. E' un mondo, quello delle sponsorizzazioni, al quale il terzo settore può accedere solo nel rispetto di determinate condizioni che salvaguardino i valori ispiratori della sua azione sociale. Non sarebbe affatto difficile, ad esempio, per una organizzazione umanitaria trovare un astuto e spregiudicato sponsor desideroso solo di conferire una patina di rispettabilità ai suoi non limpidi raggiri.

Ma il percorso per ricercare un buon partner nella sponsorizzazione, è sovente costellato da insidie non necessariamente cosi' macroscopiche. Quelle "incoerenze" di comunicazione di cui abbiamo parlato, sono capaci di svuotare una normale campagna pubblicitaria, ma divengono realmente dirompenti in una sponsorizzazione sbagliata. E' quindi irrinunciabile per entrambi i contraenti, ma in modo particolare per l'organizzazione non profit, studiare accuratamente contenuti e modalità della sponsorizzazione.

La valutazione della sua efficacia è data dalla somma algebrica dei risultati di visibilità, di immagine e di ritorno per entrambi i contraenti, e dunque va messa in conto anche l'ipotesi di un risultato negativo che in genere non sarebbe mai il più forte dei due a scontare. Ottenere un elevato grado di sinergia è sempre possibile, basta non farsi incantare dalle sirene della comunicazione a buon mercato. L'ente non profit ricorre alla sponsorizzazione perché desidera arricchire la sua comunicazione, perché gli giova essere più conosciuto, ma anche per dare stabilità alla sua raccolta fondi. Tuttavia serve che l'ente sia rigorosamente selettivo nello scegliere i compagni di viaggio per azzerare il rischio di essere strumentalizzato, come pure evitando di andare semplicemente al traino di iniziative altrui, intervenendovi invece da co-protagonista e non da comparsa.

Lavorando bene si può addirittura ottenere un effetto moltiplicativo, capace cioè di produrre per entrambi i contraenti un risultato superiore alle risorse investite. Alcuni felici abbinamenti sono sotto gli occhi di tutti.

Una comunicazione coerente ed empatica è capace di favorire il successo delle persone, può assecondare il successo delle aziende, ma diventa elemento irrinunciabile per l'organizzazione non profit, ove la dimensione etica deve essere non solo vissuta ma anche percepita senza equivoci dall'esterno.

Nel mercato non mancano soggetti capaci di apprezzare e condividere questi principi.

 

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